di Gabriele Rizza
Mario Draghi va per la sua strada, consapevole di avere una missione a termine che forse lo porterà all’elezione a Presidente della Repubblica. Intanto, il Parlamento segue il suo “salvatore” ed ex Presidente della BCE che consentirà di portare a termine la legislatura, e quindi di salvare le poltrone, specie quelle occupate dai Cinque Stelle che mai più replicheranno quel 32% ottenuto alle politiche del 2018.
Mario Draghi va per la sua strada, il Parlamento lo segue, ma i partiti per quanto possano restare in silenzio non possono restare fermi. Le amministrative e le politiche del 2023 non sono poi così lontane, e in questo momento c’è chi ha la strada in salita – anzi “salitissima” – e chi ce l’ha in discesa. Mettendo da parte chi ha interesse a tenere lo status quo, come la Meloni, che è l’unica rimasta fuori dal coro del governo Draghi e che attira a sé tutti i delusi della Lega e di Forza Italia, la situazione più critica è certamente per il Movimento Cinque Stelle e per l’eredità politica di Silvio Berlusconi.
Infatti, l’unico vero fallimento politico che si può imputare al Cavaliere, è quello di non esser riuscito a trovare un erede che potesse almeno eguagliarlo nei risultati elettorale e quindi tenere la classe dirigente forzista come motore liberale del centrodestra. Era una missione difficile, perché la parabola politica di Berlusconi è unica quanto irripetibile nella storia d’Italia, che lo si ami o lo si odi. Perciò al Cavaliere non resta altro che guardare al 2023 con l’idea di presentare il centrodestra con un’unica lista: il nome che piace è Centrodestra unito, in sintesi Cdu, come i colleghi tedeschi del Partito Popolare Europei. È una proposta – semmai venisse accolta da Salvini e Meloni – che potrebbe avere successo nel breve, come lo fu per il PDL, ma anche sgretolarsi alle prime difficoltà: oltre alla coesione politica, occorre la coesione culturale e idee radicate in comune e non di comodo. Altrimenti si tornerebbe indietro di quindici anni per poi perderne altri quindici.
L’augurio che dovrebbero farsi gli elettori di sempre di Silvio Berlusconi e del centrodestra è che il Cavalieri dedichi tutte le energie che gli sono rimaste – e ne ha di sicuro tante – per dar vita non ad un serbatoio elettorale, non ad uno spot o a una lista di nomi, ma ad un’idea culturalmente riconoscibile, coesa e coerente, perché alla lunga ci si sente a casa laddove si resterà anche quando arriveranno momenti scomodi e svantaggiosi, laddove però l’idea non muore mai.