L’Istituto Ramazzini di Bologna in questi giorni ha presentato nuovi dati che riguardano uno studio effettuato su ratti riguardo la “gli effetti cancerogeni dei campi elettromagnetici”.
L’annuncio è stato dato in occasione del Forum di esperti organizzato dal Ministero della Salute di Israele, il quale pubblicherà a breve i dati riguardanti i rischi causati dai telefonini.
La dichiarazione è stata rilasciata dalla biologa Fiorella Belpoggi, direttrice dell’Area Ricerca del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni, dell’Istituto Ramazzini.
Se i dati che l’Istituto fornirà, confermeranno quelli pubblicati lo scorso maggio dal National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) degli USA, le agenzie regolatorie dovrebbero prendere provvedimenti restrittivi sull’esposizione alle onde della telefonia mobile.
Diversi esperimenti furono effettuati dal 2005 in contemporanea dall’istituto americano e bolognese, utilizzando come cavie dei ratti da laboratorio, «I colleghi americani hanno studiato le onde elettromagnetiche della telefonia mobile, correlate alle onde emesse dall’antenna del telefonino e dal telefonino stesso. Noi invece abbiamo studiato l’esposizione ambientale, cioè quella che deriva dalle antenne delle stazioni radio-base, cioè le antenne che vediamo disseminate praticamente su tutto il territorio in tutto il mondo», afferma la dottoressa Belpoggi, e afferma che i risultati provano un aumento di tumori.
Sulla base di questi fatti l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro, chiede una maggior prudenza sull’uso dei telefoni cellulari, sollecitando anche una nuova presa di posizione da parte dell’Agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dedicata al cancro che ha sede a Lione.
Dal canto suo, l’industria dovrebbe produrre dei sistemi che siano meno invasivi, ovvero apparecchi che proteggano maggiormente chi parla al telefono e ciò può essere effettuato solo se le persone vengono obbligate a mantenere una certa distanza dall’apparecchio.
Inoltre ogni compagnia dovrà evitare di installare le proprie antenne così da diminuire la diffusione massiccia di onde elettromagnetiche.