di Susanna Russo
“Oggi quasi tutti i mezzi di comunicazione, che siano giornali, radio, tv, sono impazziti di fronte alla guerra. Non fanno che parlarne, come se la stessero pubblicizzando, come se avessero piacere ad alimentarla. Il rischio è che anche loro diventino strumento di promozione e propaganda, col pericolo che la guerra poi si estenda, se questo diventa l’umore prevalente nell’opinione pubblica”. In un clima del genere diventa normale la caccia al filorusso. Qui però non si tratta di essere dalla parte di Putin, ma di spiegare il perché della guerra”. Queste sono le parole con cui l’ex direttore di Rai 3, Angelo Guglielmini, ha commentato la vicenda del professor Orsini. Guglielmini non si ferma qui, e lancia un allarme che nessuno fino ad ora sembra aver preso in considerazione: “il servizio pubblico sconta il fatto di essere in mano ala politica”, così l’ex direttore mette in luce come, nel documentare il conflitto Russia-Ucraina, stiano predominando il silenziamento delle opinioni non allineate e la mancanza di approfondimento. La censura di Orsini, e le dichiarazioni rilasciate in seguito da diversi giornalisti hanno sollevato il velo di Maya, difficilmente però questo basterà ad aprirci gli occhi.
Facciamo un passo indietro: Alessandro Orsini è professore di Sociologia del Terrorismo presso l’Università Luiss di Roma e da quando è scoppiata la guerra un Ucraina, è stato ospite in diversi salotti televisivi, in veste di geopolitico, per dare la sua opinione. Il problema è sorto quando la sua opinione si è rivelata distante dall’opinione comune, quella che bene o male viene imposta, attraverso i mass media, all’intera popolazione, non in Russia, non in Cina, ma proprio qui, in Italia.
Quando, durante una puntata di Carta Bianca, il professore in questione ha ribadito che la situazione è più complessa di come la si voglia far apparire, che esistono delle corresponsabilità, e ha tentato così un’analisi geopolitica che va al di là di questo singolo conflitto, ma che ne racconta la dietrologia, la Rai ha deciso di rescindere il suo contratto. Orsini ha precisato di aver scelto la trasmissione di Bianca Berlinguer perché sicuro di poter godere di libertà di espressione, e si è detto fin da subito disponibile ad essere presente in trasmissione anche senza nessun compenso. La padrona di casa, accogliendo la sua proposta, e non volendo escludere una voce rappresentativa di un’opinione presente nella società italiana, ha continuato ad ospitare Alessandro Orsini, che è stato difeso da molti altri giornalisti, tra cui Enrico Mentana, che ha asserito come sia giusto dar voce a tutti, che si condividano o meno le singole opinioni, e Corrado Formigli, che nel corso di un’intervista a La Stampa ha dichiarato: “è un’anomalia il fatto che, ad un certo punto, intervenga a gamba tesa un politico e dica che non si possa essere pagati se si affermano cose che non coincidono col comune sentire”, comune sentire che in un attimo diventa dogma, veicolato e poi costretto su un’unica corsia, quella dei giusti.
Il problema è che ci siamo impressionati ed adirati quando Marina Ovsyannikova, giornalista russa, è stata arrestata per essere intervenuta nel corso di un notiziario per far sentire la sua voce, per esporre il suo pensiero controcorrente, un punto di vista differente da quello comune, da quello imposto.
Quest’adesione al pensiero comune è quella che, ad esempio, ha spinto la compagnia assicurativa Zurich a rimuovere il logo “Z”, per dissociarsi dall’invasione russa in Ucraina, e forse ora dovremmo aspettarci che venga bandita ogni versione e replica di Zorro.
“Meglio essere folle per proprio conto che saggio per le opinioni altrui”, scrisse Nietzsche, ma a volte basterebbe chiedersi se la nostra opinione corrisponda davvero al nostro essere, o se facciamo di tutto per far corrispondere il nostro essere all’opinione comune.