Troppo presto per parlare delle malefatte del nuovo governo oppure dei sensazionali risultati ottenuti; leggere già adesso commenti in tal senso mi fa soltanto ridere.
Mi hanno insegnato che prima di criticare bisogna dare tempo per vedere i risultati e se la presentazione del programma non è stata poi così esaltante, tanto da far dire a Giorgia Meloni che la supercazzola del conte Mascetti in confronto era un programma serio è anche vero che il nuovo governo Renzi ha incassato la fiducia sia alla Camera che al Senato.
Assolutamente informale, qualche battuta, il fatti di dichiarare di non avere l’età per essere al Senato e pure il coraggio di dire ai Senatori “vi mando tutti a casa”, sono cose che avvicinano molto il Matteo nazionale alla gente; una sorta di “populismo” amplificato così come quando andando nelle scuole dice ai ragazzi “scrivetemi pure i vostri problemi a matteo@governo.it, farò i compiti a casa”. Non ha avuto i voti degli italiani (ma non sono gli italiani ad eleggere il governo), ha ribaltato il suo partito (aspettiamo il trappolone della nomenklatura), ha forse ridato un pochino di speranza agli italiani di qualche cambiamento anche se non è ben chiaro sapere quale.
Le riforme sono una priorità e lo sappiamo bene, ma sono talmente tante che forse la cosa migliore sarebbe quella di rifare tutto: un’assemblea costituente che riscriva da capo la costituzione, le regole e il sistema su cui deve reggersi l’Italia.
In questo momento tutti sono assorti su problematiche varie, il lavoro che è sacrosanto per mangiare, la detassazione che serve per far ripartire le imprese, la legge elettorale che permette ai partiti e non alle persone di scegliere cosa si farà nel futuro, insomma tutti temi importantissimi, dimenticandosi però che c’è un compartimento “parallelo” che andrebbe distrutto e ricostruito pezzo-pezzo, un governo a sé stante con enormi poteri che decide in forma autonoma anche sulla politica e che ha condizionato gli ultimi 25 anni del nostro paese: la giustizia.
Il tempo è la miglior cura e spesso ci si dimentica di quali sono stati gli avvenimenti importanti che hanno condizionato la nostra storia e che hanno condizionato l’intera vita del popolo italiano; se dovessimo pensare ad una sorta di “sliding doors” e di cosa sarebbe successo “se”, si aprirebbero scenari assolutamente incredibili e non immaginabili. Mi piace ogni tanto immaginare cosa sarebbe successo “se” Antonio Di Pietro e il pool mani pulite non fossero mai esistiti, se quindi non fosse crollato tutto il sistema della “prima repubblica” e fosse stata presente ancora gente del calibro di Bettino Craxi e Ciriaco De Mita, la Democrazia Cristiana, Il partito Socialista, Il Movimento Sociale, il Partito Comunista… Forse non ci sarebbe stata una seconda Repubblica con Silvio Berlusconi e “il mortadella” (mi spiace non ricordo il nome), forse non saremmo stati schiavi dell’Europa e dell’Euro e i nostri Marò sarebbero tornati in patria dopo 24 ore, forse oggi saremmo ancora una potenza industriale degna del G7 e il nostro prestigio internazionale moltiplicato n volte. Già, con i “se” e con i “forse” si può immaginare tutto e sempre più in giro per le strade e per le piazze si sentono persone che dicono “se ci fosse ancora Craxi”, “se….”.
E se la prima Repubblica è stata condizionata dalla magistratura, la seconda non poteva certo essere diversa e così abbiamo avuto venti anni di persecuzione nei confronti del presidente del più grande partito di centro-destra, persecuzione che ad oggi non si è ancora conclusa. Parlo di “persecuzione” perché quando l’accanimento è così forte, quando gli attacchi avvengono tutti esclusivamente ad una persona su più fronti, personale, lavorativo, politico è evidente che non si può parlare di Giustizia ma di voglia di condizionare le sorti del paese attaccando l’unico soggetto che impedisce l’attuazione di una rivoluzione mai riuscita in Italia dal dopoguerra ad oggi da parte di forze estremiste di sinistra e che hanno i propri rappresentanti proprio nel mondo della magistratura, organo che può condizionare le sorti di ciascuno di noi liberi cittadini italiani.
La giustizia infatti non condiziona solo la vita dei politici ma anche la nostra; esistono delle leggi che dobbiamo tutti rispettare e che sono state scritte per poter dare delle regole a chi non è in grado di convivere con gli altri suoi simili in maniera civile, imposizioni basate sul “o ti comporti così o ti punisco” agendo di fatto non sulla “forma mentis” dei soggetti ma piuttosto sulla paura e repressione, in modo più semplice questo viene espresso anche con una multa per divieto di sosta.
Le regole che vengono trasgredite poi devono passare in un’aula di tribunale, dove spesso trovano applicazioni varie a seconda di chi è il giudicante e dalla bravura di avvocati più o meno costosi; il più delle volte pene che dovrebbero essere esemplari, come nel caso di “zio Michele” si tramutano in farse e reati ridicoli diventano anni di carcere, come nel caso di Fabrizio Corona.
Questo porta nell’animo dei cittadini un senso di insicurezza pazzesca, si vedono non tutelati e ad alcuni di questi, fra cui il sottoscritto, nasce lo spirito de “il giustiziere della notte”, facendoli spesso agire coi modi “del buon padre di famiglia”, trasformando la strada in una arena e facendo valere personalmente i propri diritti, fatto salvo poi creare tragedie involontarie.
Pare sia questo il caso del tassista milanese deceduto ieri, vittima di una aggressione “cercata” (almeno così secondo le prime testimonianze) da parte di un “normale cittadino”, che senza armi e senza volontà lo ha ucciso con delle semplici bottiglie di plastica. I fatti dicono che il tassista è arrivato senza rispettare le strisce pedonali mentre l’aggressore e la moglie incinta di otto mesi attraversavano la strada, la frenata brusca e il diverbio, il tassista scende dall’auto e viene colpito con il cestello dell’acqua, cade, muore. E’ terribile pensare al dramma dei figli che non vedranno più tornare a casa il loro papà, ma è altrettanto brutto pensare se quella frenata fosse avvenuta un solo metro più avanti; avrei forse reagito anch’io così, avrei insultato il tassista che avrebbe dovuto semplicemente scusarsi e prestare più attenzione (guidare in città è il suo mestiere), in fin dei conti sto attraversando la strada con la spesa in mano e non con una pistola, ed invece il tassista esasperato sicuramente anche lui da una vita oggi non facile reagisce, volano parole e scende.
Mi immagino il pensiero “ah sei in torto e scendi pure dalla macchina?”, parte la bottigliata, sicuramente senza l’intento omicida, ma si sa il destino è beffardo, l’uomo cade, muore e ora ci sono due famiglia distrutte, quella che ha perso il capofamiglia e quella dell’uomo che rimarrà segnato per la vita. In quei momenti di concitazione non c’è il tempo per ragionare e soprattutto “non ci si sente tutelati” e via, il giustiziere della notte fa valere i propri diritti, ci scappa il morto e la gente si interroga. Conoscevo un gioielliere milanese che esasperato dalle continue rapine alla terza esce e spara ai rapinatori uccidendone uno, con grandissimi guai. Oppure un ristoratore che alla terza rapina sparò e ferì uno dei malviventi, il quale costituitosi parte civile prese pure un rimborso dal rapinato di allora 100 milioni di lire; e molti altri casi ancora.
Mi è capitato più volte anche a me di intervenire in situazioni difficili: un borseggiatore albanese che rapinò una donna anziana, una banda di ragazzi sudamericani che rapinavano le donne nei parcheggi dei supermercati, ho sedato risse per strada e fermato uomini che picchiavano impunemente le loro donne. Ho testimoniato contro queste persone, ho fatto riconoscimenti fotografici e non ho mai preteso encomi per questo, mi sembra un normale comportamento civile, cosa che ritengo dovrebbero fare tutti.
Ma poi succede che scopri che una persona che lavora con te nel suo tempo libero rapina caselli autostradali, lo denunci, ti aggredisce e ti querela dicendo che gli hai fatto male. Un tribunale stabilisce che non è andata così e ti assolve. Succede anche che intervieni in un bar quando un ragazzo ubriaco molesta due ragazze, ti affronta e ti denuncia perché lo hai allontanato “malamente” ed anche in questo caso il tribunale dice che non è andata così. Ma tutto questo rimane “scritto”, risulta che un “cittadino modello” ha due denunce per aggressione, indipendentemente dal fatto che questo non sia vero, che anzi le denunce siano state fatte da “balordi”, e poco importa l’essere stato scagionato, che diventa solo una soddisfazione personale. A questo cittadino viene negato il porto d’armi per uso sportivo (la detenzione in casa) in quanto soggetto poco affidabile.
Questa persona al prossimo borseggiatore, rapinatore, malvivente, si girerà dall’altra parte, non denuncerà più nessuno, così come alcuni poliziotti evitano di fermare persone sospette o arrestare delinquenti, la giustizia tutela i balordi ma non i cittadini e di questo ne beneficiano tutti coloro che nella vita hanno scelto di vivere di espedienti.
La delinquenza prolifera, la magistratura garantisce l’impunità a queste persone ed anzi punisce coloro che cercano di aiutare, vanifica l’operato delle forze dell’ordine, ma si interessa di vallette, fotografi e politici, e intanto la gente muore per una bottigliata involontaria.
L’omicidio stradale non è stato ancora introdotto, lo svuota carceri ci rimanda in giro un folto numero di pregiudicati e la paura in ciascuno di noi aumenta; il cittadino modello non può tenere in casa una pistola, il balordo non ha bisogno invece del porto d’armi per sparare. Un mondo all’incontrario, un’Italia capovolta e da rigirare, da rifare, da RICOSTITUIRE a cominciare dalle regole e da chi queste deve farle rispettare.
Caro Matteo, questo articolo te lo mando a Matteo@governo.it, ti servirà come spunto.
Massimiliano Russo