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venerdì, 15 Novembre, 2024

Cambiamento climatico: non è solo questione di politiche di contrasto, ma anche di politiche di adattamento

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di Cristina Florenzano

Il 27 febbraio 2022, durante la 12a sessione del gruppo di lavoro II e la 55a sessione, l’IPCC ha finalizzato la seconda parte del Sesto Rapporto di Valutazione, Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability. In circostanze normali l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) avrebbe potuto dare per scontata l’attenzione dei media.
Le sue rare e autorevoli analisi di valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici, osservando gli ecosistemi, la biodiversità e le comunità umane a livello globale e regionale, con approfondimenti sulla vulnerabilità, sulla capacità e i limiti del mondo, sulle conseguenze dell’innalzamento dei mari, sulle conseguenze in termini di siccità, sui raccolti insufficienti e così via guadagnano sempre spazio sulla prima pagina dei giornali.
La guerra in Ucraina invece ha oscurato questo lavoro e l’IPCC  ha scoperto che attirare l’attenzione del mondo su un documento di 3.600 pagine che descrive in dettaglio l’impatto attuale e futuro del cambiamento climatico è difficile. Inoltre, l’invasione russa probabilmente determinerà un profondo cambiamento nella politica energetica europea. Ma se il lancio del rapporto è stato oscurato, è importante che i suoi messaggi non lo siano, tanto più perché esso mostra che le “condizioni attuali” dipendono dalle politiche passate, la cui impostazione è attualmente dominante, e fornisce una documentazione più completa rispetto a qualsiasi precedente Report.
Il “divario di emissioni” che contraddistingue la politica climatica è ben noto.
Nonostante i Paesi del mondo si siano impegnati a ridurre più velocemente le emissioni, sono ancora ben al di sotto di quelli necessari a contenere l’aumento della temperatura media relativa a livelli preindustriali, ossia ben al di sotto dei 2°C. Concentrare l’attenzione esclusivamente sulla riduzione delle emissioni può portare fuori strada.
E il nuovo rapporto mette in evidenza anche un “divario di adattamento”: ossia gli impatti sulle vite e sugli ecosistemi si accumulano più rapidamente della capacità di adattamento. La buona notizia è che la disparità è meno evidente ora di quanto non fosse nei decenni passati. Ma finché persiste, il divario di adattamento aumenterà. In questa direzione, ci sono delle politiche di successo: avvisare la popolazione di incredibili ondate di calore ha abbassato il numero delle morti; i piani urbanistici e le norme dell’edilizia in molti casi possono essere una protezione contro il calore; in Kenya le dighe di sabbia consentono maggiore stoccaggio delle acque sotterranee con effetti positivi sulla siccità. Secondo l’IPCC più viene compreso che delle politiche di adattamento producono benefici reali maggiore sarà  la spesa su questa tipologia di investimenti.

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