di Gabriele Rizza
L’Istat non si risparmia sul monitoraggio delle dinamiche demografiche del nostro Paese. Dopo una serie di rapporti parziali, sono arrivati i dati ufficiali delle nascite e dei decessi del 2020, presentati nel rapporto “La dinamica demografica durante la pandemia covid-19-anno 2020“. L’anno passato è purtroppo nel segno della parabola intrapresa dal 2015: la diminuzione della popolazione residente in Italia. Il calo nel 2020 è stato di 384 mila unità rispetto al 2019, numeri che se dovessero tenere questi ritmi porterebbero in meno di cinque anni ad una perdita di un milione di residenti.
Per cercare risposte e soluzioni (magari finalmente decise dai governi), bisogna capire a cosa è dovuta questa tendenza, in particolare nell’anno 2020: sicuramente influisce la pandemia, con un aumento dei decessi del +17,6%, ossia quasi 112 mila in più rispetto all’anno precedente, anche se è da considerare non solo direttamente il Covid ma anche le carenze sanitarie per tutti gli altri problemi di salute, visite saltate, paura di andare in ospedale, operazioni rinviate. Influisce poi la cronica carenza delle nascite, quasi 16 mila in meno rispetto al 2019, in calo del 3,8%.
Ci sono poi altri fattori nuovi e contingentali: gli italiani hanno ripreso ad emigrare all’estero, soprattutto in Europa e in Inghilterra fino a prima della Brexit e la riduzione della mobilità mondiale, dovuta alla pandemia, che ha sicuramente contratto l’arrivo di stranieri da paesi extra Ue in Italia. A livello generale non smette di crescere il numero e la percentuale di stranieri residenti in Italia rispetto alla popolazione autoctona. Infatti, sempre secondo l’Istat, da 18 anni ad oggi, gli stranieri residenti superano i 5 milioni e rappresentano l’8,4% della popolazione.
Dati e realtà che la politica ancora fa finta di vedere. Sarà anche in questo caso la resilienza a salvare l’Italia? Oltre ad adattarsi, si può programmare. E la parola “programmare” fa cadere tutto il castello politico che regge il nostro Paese.