di Stefano Sannino
Guardando al panorama delle griffe di lusso, Burberry è uno di quei brand che solo negli ultimi anni è riuscito a trovare un dialogo con la clientela più giovane, il rischio di rimanere un brand distante dal nuovo modo di comunicare era impellente e i dati lo confermavano. Ma grazie al poderoso lavoro artistico portato avanti da Riccardo Tisci, il direttore creativo, sotto la sapiente guida del CEO Marco Gobbetti, si è riusciti a togliere pian piano quell’aria vetusta e antica che caratterizzava il marchio, dialogando con gli under 35.
Durante la pandemia, per esempio, la collaborazione con l’attaccante del Manchester United, Marcus Rashford, ha portato grande visibilità ed interesse a Burberry che ha deciso di finanziare personalmente diverse opere nel sociale, di produrre camici e mascherine per i medici e di non usufruire dei vantaggi fiscali messi in campo dal Regno Unito, procedendo con una diminuzione volontaria e sistematica degli stipendi dei dirigenti.
Tutte queste azioni, servono a cambiare notevolmente la percezione che le nuove generazioni hanno non solo di tutto il sistema moda, ma anche di questo brand specifico, che è riuscito in pochissimi anni a farsi percepire come giovane, pro-attivo e disposto al cambiamento. Non dobbiamo quindi stupirci se Burberry ha registrato un aumento delle vendite del 121% rispetto al 2020 e del 26% rispetto alle vendite pre-pandemiche, proprio perché attirare l’interesse dei giovani significa inevitabilmente riuscire a catturare l’attenzione di quella fascia di clientela che oggi tanto interessata al mondo del lusso quanto al mondo del sociale e dell’ambiente. Questo vincente sodalizio tra direzione creativa e amministrazione, si interromperà però a fine anno, quando Marco Gobbetti prenderà il suo nuovo posto come Amministratore Delegato di Salvatore Ferragamo, un’altra griffe con un heritage invidiabile, ma che ha un disperato bisogno di tornare nuovamente “giovane”.