Crisi climatica, gestione del debito pubblico accumulato durante la pandemia, frammentazione geo-politica, inverno demografico che colpisce le vecchie e sempre più statiche società occidentali. Le prospettive dei giovani italiani di oggi, che domani saranno i protagonisti del sistema economico e politico europeo, sicuramente non sono semplici. Hanno bisogno di noi, del nostro supporto, di essere ascoltati e di sentire vicino il loro Paese. Ma soprattutto di essere coinvolti nelle decisioni che li riguardano. E se guardiamo alle tendenze demografiche in atto è vero soprattutto che siamo noi ad avere bisogno di loro: del loro sguardo sul futuro, della loro forza ideale, della loro voglia di cambiamento, della loro familiarità con le tecnologie di nuova generazione, della loro capacità di spendersi con generosità per cause nobili.
La giornata dell’Europa che si celebra oggi ci obbliga a riflettere sul ruolo che vogliamo dare ai nostri giovani nelle scelte che riguardano il futuro del Paese. Perché sappiamo bene che, nonostante una diffusa opinione contraria, quella che abbiamo davanti a noi non è una contrapposizione tra giovani e anziani ma una sfida per un Paese più coeso e inclusivo anche perché realmente capace di valorizzare ogni sua competente per i meriti che esprime come per i bisogni che manifesta.
L’Europa ha scelto una precisa strategia per ripartire dopo gli anni terribili della pandemia: mettere i giovani al centro, seguendo le orme di Ursula Hirschmann, che in questi giorni è ricordata in occasione del Ventotene Europa Festival, per il suo ruolo determinante nella diffusione del Manifesto. Pensando a lei, alla sua determinazione, al suo coraggio, il pensiero non può che andare ad un’altra Ursula, la Von der Leyen, la presidente della Commissione Europea che si è spesa tanto negli ultimi 3 anni per dare attuazione al Recovery plan e per tenere l’Europa unita in uno dei momenti più difficili della sua storia. “Nessuno Stato si salva da solo, non c’è sovranità possibile se non europea”, ammoniva Helmut Kohl “Nel dubbio, per l’Europa”. Infatti, nessuno Stato nazionale del Vecchio continente ha oggi le chiavi per risolvere da solo le crisi in atto, come la guerra in Ucraina sta drammaticamente dimostrando.
Guido Carli ci ha insegnato dove stare: da una parte sola, quella della nuova Europa. Un’Europa capace di resistere agli “istinti animali” – per riprendere l’espressione che usò per definire le forze della società italiana che remavano contro l’efficienza – per far prevalere la responsabilità collettiva. Un’Europa pronta a modificare i suoi Trattati per rafforzarsi come prevede la risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 4 maggio 2022 con l’avvio di una nuova Costituzione europea.
Dobbiamo difendere la politica della speranza. “L’Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle risposte a quelle crisi”, diceva Jean Monnet, e le giovani generazioni non possono che essere parte attiva nella definizione di quelle risposte.
La complessità delle sfide necessita di un nuovo modello di dialogo sociale, declinato non solo orizzontalmente tra istituzioni, mercato del lavoro e sistema produttivo ma anche e soprattutto tra generazioni, per provare a ricomporre la frattura intergenerazionale, particolarmente accentuata nel nostro Paese, come rilevato nell’ultima relazione annuale Inps sul divario salariale raddoppiato in 40 anni, dal 20 al 40%.
Il nostro 9 maggio è una festa per un futuro inclusivo che ci deve vedere uniti per affrontare le sfide globali.
Auguri all’Europa, la nostra casa comune. Auguri a tutti gli europei. Auguri a tutti noi.
Renato Brunetta, Presidente del CNEL