di Stefano Sannino
Una delle prime cose che probabilmente ci vengono in mente quando pensiamo al concetto di male incarnato è il serpente. Un animale che tutti abbiamo imparato a temere, in parte per la sua eventuale pericolosità, ma sopratutto per il simbolo che incarna. I suoi movimenti sinuosi e striscianti rappresentano bene la concezione che moltissime persone – anche e sopratutto per l’educazione cattolica che hanno ricevuto – hanno del male: subdolo, viscido e pronto ad attaccare quanto meno te lo aspetti.
Tuttavia, il serpente non è sempre stato la creatura più malvagia del creato, né è sempre stato visto come rappresentazione animale del Male Supremo.
Nei tempi antichi questa creatura veniva sì temuta, ma sopratutto rispettata in quanto perfetta incarnazione di un principio universale di rinascita e di rigenerazione. Gli antichi, non guardavano il movimento strisciante del serpente o la sua lingua biforcuta e nemmeno temevano il veleno, piuttosto osservavano come la pelle di questo animale si rigenerasse, in un processo che oggi noi conosciamo come muta. La muta del serpente veniva vista dai popoli del passato come uno straordinario evento di rinascita, di rigenerazione e di fertilità.
Non a caso, una delle prime forme divine sviluppate dai popoli del neolitico era proprio quella della Dea Serpente, una Dea “Madre” con forti simbolismi legati alla rinascita ed al rinnovamento. Questa concezione antica del serpente si è poi diffusa in tutta l’Europa, in seguito alle migrazioni dei nostri antenati, ed ancora perdura in alcuni paesi. In Ungheria ad esempio, è cattivo costume uccidere i serpenti ritrovati nelle abitazioni o sotto di esse, in quanto oracolo di una imminente gravidanza che darà alla luce un figlio maschio.
Nei millenni successivi, con lo svilupparsi della civiltà umana, il serpente ancora non veniva visto come qualcosa di negativo, ma passò dall’essere simbolo della fertilità femminile, all’essere evidenza di un principio cosmico maschile, in quanto la sua forma è legata a doppia lama a quella del fallo. Con il nascere delle tradizioni ermetiche ed esoteriche, questo straordinario animale (che non abbandonò tuttavia il suo legame con la fertilità e la rigenerazione e quindi, se vogliamo, con il concetto di immortalità) divenne anche simbolo di conoscenza e di saggezza. Troviamo il serpente nel bastone di Asclepio, simbolo oggi usato per rappresentare la medicina, proprio perché in qualche modo legato perfettamente sia al concetto di salute che a quello di conoscenza.
Due serpenti avvolgono invece il mitologico bastone di Ermes, conosciuto come Caduceo. Non a caso, Ermes era il messaggero degli Dei, portatore di conoscenza e di saggezza, dai fortissimi legami con il Dio egiziano Thot.
Perfino in epoca più recente, il caduceo è stato utilizzato dall’occultista Eliphas Levi nella sua iconografia del Baphometto, in particolare per rappresentare il fallo del Dio, ma anche per simboleggiare il suo aspetto di portatore di conoscenza.