Il centrodestra è sospeso tra il presente e il futuro. Un oggi in cui si divide tra il governo (Lega), l’astensione benevola (Fratelli d’Italia) e l’opposizione (Forza Italia). Un domani in cui sarà la coalizione che si presenterà davanti agli elettori per governare tutte le regioni italiane, il governo nazionale, financo l’Europa (non era mai successo).
Eh sì, perché tra mille polemiche, scontri per il primato e colpi bassi, alla fine dei conti nessuno dei vecchi alleati ha trovato una formula più convincente: i leghisti, a cominciare da Matteo Salvini, hanno capito che il flirt con i 5 Stelle non può trasformarsi in un matrimonio stabile; Silvio Berlusconi non vede in un Pd dilaniato al suo interno un interlocutore affidabile; e infine Giorgia Meloni, sempre più stretta da un Salvini che si sposta a destra, non può non ancorarsi alla vecchia coalizione di centrodestra per garantirsi la sopravvivenza. Certo sarà un centrodestra diverso rispetto a prima, magari a egemonia leghista, ma questo è inevitabile. Il primo a saperlo è il Cav: l’equilibrio di una coalizione lo decidono i numeri, lo determina il consenso che riscuotono i partiti che la compongono. È una legge non scritta, ma universale. Per cui le gerarchie del domani saranno decise dalle prossime prove elettorali (a cominciare dalle europee), avendo bene in mente che mai come in questi anni l’elettorato italiano è estremamente volubile: un giorno stai sulle stelle, il giorno dopo precipiti nelle stalle. Renzi docet.
Proprio per questo certe tentazioni, che qualcuno coltiva in gran segreto, potrebbero rivelarsi dei boomerang. Come quella di dividere Forza Italia, creando un nuovo soggetto politico più affine alla Lega di Salvini. Racconta Enrico Costa, che ha sempre avuto l’orecchio fino per certi movimenti: “Mi dicono che Giovanni Toti abbia un pianoben preciso in mente: creare dei gruppi parlamentari con i dissidenti di Forza Italia; presentarsi alle elezioni regionali con il suo movimento degli arancioni; e, infine, andare alle elezioni europee in alleanza con la Lega. L’incidente che innescherà il processo sarà il ‘no’ di Berlusconi alle primarie”.
Ragionamenti che riecheggiano anche sulla bocca di Daniela Santanchè: “C’è bisogno di un nuovo soggetto politico che metta insieme Fratelli d’Italia, Toti, Fitto e che raggiunga il traguardo del 10 per cento. Il motivo? Salvini vorrebbe fare a meno di Antonio Tajanie dell’ala più centrista ed europeista di Forza Italia. Per lui sono un peso”.
Voci dal sen fuggite, discorsi in libertà o fantasticherie? Inutile dire che operazioni del genere nelle settimane scorse partivano dal presupposto che il Cav non si sarebbe presentato alle prossime elezioni europee, decisione che, nei fatti, preludeva a un ritiro della politica. Ora, l’ipotesi è venuta meno, visto che Berlusconi avrebbe deciso di candidarsi. Il motivo è semplice: uno spazio politico per Forza Italia, ci sarebbe. Eccome. Intanto perché – come fece la Lega la scorsa legislatura ai tempi del governo Letta o del Patto del Nazareno – il Cav, schierato all’opposizione, potrebbe mantenere nel recinto della coalizione di centrodestra l’elettorato che nei prossimi mesi potrebbe restare deluso dal governo gialloverde. Funzione non da poco.
In secondo luogo perché la formula del centrodestra italiano – alleanza tra una forza centrista legata al Ppe e le forze sovraniste – potrebbe essere la stessa formula che governerà il Parlamento di Strasburgo all’indomani delle prossime elezioni. I primi ad ammetterlo, e a coltivarlo come obiettivo, sono proprio Salvini e la Meloni: “È lo schema che emarginerà i socialisti a Bruxelles”. Quindi, lo spazio potenziale c’è ed è ampio. Resta il solito problema: Forza Italia, per dire la sua, deve rinnovarsi, deve riacquistare appeal. “Non posso essere solo io” si lamenta il Cav “a tirare il carro”.
(Articolo pubblicato nel n° 41 di Panorama in edicola dal 21 settembre 2018 con il titolo “Berlusconi in lista alle elezioni può garantire i moderati del centrodestra”)