Parigi torna a essere vittima del terrorismo. Un uomo (due o tre secondo alcune fonti) ha aggredito una pattuglia di polizia uccidendo un uomo e ferendone un altro.
Questo attentato ha un significato particolare perché giunge in un momento delicato per la Francia e per l’Europa. Nei prossimi giorni, infatti, il popolo francese sarà chiamato a scegliere chi governerà per i prossimi anni. E mai come in queste elezioni il risultato è stato incerto.
Quel che preoccupa di più è la possibilità che le elezioni siano vinte dal Front National di Marine Le Pen, partito di destra xenofobo e nazionalista. I discorsi contro gli immigrati e in particolare contro gli islamici della Le Pen hanno trovato in questi anni sempre più consenso tra la popolazione, così come, in una Francia in crisi economica, hanno trovato consenso le sue idee anti-euro e anti-Europa.
L’attentato di oggi potrebbe introdurre una nuova variabile nel risultato elettorale e portare acqua al mulino del Front National e questo sarebbe un problema per tutti. Dubito, infatti, che la Le Pen, col suo qualunquismo e i suoi slogan, possa risolvere davvero il problema del sempre più diffuso islamismo. Anzi, con un simile atteggiamento non potrà che portare a rivolte e scontri violenti. Non dobbiamo dimenticare che la situazione francese è molto diversa e ben più complessa di quella italiana. Le comunità islamiche francesi sono più numerose e sono presenti da decenni. Gran parte degli islamici che risiedono in Francia sono di nazionalità francese e sono nati nel paese. Tutti i discorsi della Le Pen sul “mandarli a casa loro” e sul “ripristinare le frontiere” non hanno quindi senso, se non su una minoranza di immigrati.
Inoltre per fare una seria politica di rimpatri servono fondi non indifferenti e, soprattutto, i dovuti accordi con gli stati che dovrebbero ricevere le persone rimpatriate. Uno stato come la Francia o l’Italia non può certo far atterrare un aereo in terra straniera e scaricare delle persone senza il permesso di chi governa quella terra! Le promesse dei nazional-qualunquisti non possono, quindi, essere mantenute. Basti ricordare cosa fecero i leghisti, da noi, quando furono al governo. Non solo non rimpatriarono i clandestini, ma allungarono i tempi massimi di permanenza nei CIE da tre a sei mesi e, in seguito, a diciotto. In compenso fecero danni distruggendo gran parte del lavoro fatto da chi affrontava il problema con razionalità e in base alla realtà dei fatti. La Bossi-Fini, famigerata legge sull’immigrazione, con la sua impostazione draconiana ha solo peggiorato la situazione, aumentando la clandestinità.
Anche le idee antieuropeiste della Le Pen preoccupano parecchio. Se anche la Francia dovesse decidere di uscire dall’Unione Europea, la tenuta della stessa sarebbe tutt’altro che scontata. E il ritorno a stati nazionali divisi e indipendenti, in un periodo di tensioni internazionali e di crisi economica come quello che stiamo vivendo non può che portar male. Il rischio della guerra è sempre dietro l’angolo. La storia dell’Europa è costellata di guerre e l’Unione Europea è una garanzia di pace. La sua fine, quindi, darebbe il via a un periodo di incertezza.
I primi a guadagnare dalla fine dell’Unione Europea sarebbero proprio gli islamisti e i terroristi, che vedrebbero realizzato il loro obiettivo di porre fine alla nostra civiltà della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza, che sarebbe sostituita dai vari nazionalismi egoistici e miopi, intenti a curare il proprio giardino mentre tutto intorno brucia, senza rendersi conto che l’incendio non si ferma davanti ai confini nazionali. Se vinceranno i nazionalismi in Europa, le politiche del “divide et impera” degli integralisti avranno vinto.
Questo è il momento di essere uniti, tutti, per combattere l’islamismo e il terrorismo. Solo insieme e solo usando la ragione potremo porre fine a questo incubo. Se invece preferiremo dar retta ai nostri pregiudizi, alle nostre paure, votando chi le sfrutta per guadagnare facili consensi, non solo non risolveremo i problemi, ma ne provocheremo di nuovi e peggiori.
Enrico Proserpio