Il legame tra mafia e rifiuti, o più specificamente tra ecomafia e rifiuti, risale già al 1982, quando Legambiente coniò il termine “ecomafia” per indicare un’associazione mafiosa che smaltisce irregolarmente i rifiuti, anche e soprattutto quelli altamente nocivi.
Da un rapporto redatto nel 2019, i settori privilegiati dalle ecomafie sono quelli legati al racket degli animali, alla filiera agroalimentare e al ciclo illegale del cemento e dei rifiuti. Nel 2021 sono stati 30.590 i reati commessi contro l’ambiente ad opera delle attività illecite legate allo smaltimento di rifiuti, 84 i reati commessi ogni giorno, quindi circa 3,5 ogni ora.
Sempre più associazioni ambientaliste combattono la lotta contro le ecomafie e, attraverso la legge 68 approvata nel 2015, è possibile combattere legalmente la criminalità ambientale e cercare di prevenire e di anticipare le loro mosse. Le regioni più colpite dell’Italia sono Puglia, Calabria, Sicilia e Campania, quest’ultima poi ulteriormente martoriata dai rifiuti tossici che sprigionano sostanze nocive, come la diossina, pericolose per la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente stesso. Denominata “Terra dei Fuochi”, la Campania acquista il primato del territorio più soggetto ad inquinamento ambientale, in particolare nelle città di Acerra, Nola e Mariano, definite “il triangolo della morte” per l’alto aumento del tasso di mortalità.
Sempre più numerose le denunce di ogni tipo, anche quelle effettuate attraverso i canali social. Le associazioni, ma anche i cittadini, sono sempre più attivi e impegnati nella tutela del territorio, ma urge un sostegno ancora più forte e deciso da parte delle istituzioni competenti, prima che la terra venga sommersa dai rifiuti e martoriata dalla criminalità organizzata.
di Daniela Buonocore