di Daniela Buonocore
Gli adolescenti e i ragazzi di oggi potrebbero essere etichettati con il termine: “la generazione della paura”. Sono trascorsi infatti appena ventun’anni da quando, quel maledetto 11 settembre del 2001, le Torri Gemelle furono abbattute violentemente dagli aerei dirottati da Al Qaida, dando così inizio ad una serie e lunga catena gli attacchi terroristici. Con questo scenario apocalittico,nacque per i ragazzi la prima paura proiettata verso l’imprevisto e l’incontrollabile. Studi approfonditi hanno infatti dimostrato che la maggior parte dei ragazzi, seppur indirettamente, ha vissuto con ansia quegli attacchi, tanto da immaginare che qualcosa potesse capitargli all’improvviso, quasi come se ognuno di loro potesse essere sempre vittima costante di un attentato programmato. A peggiorare la situazione e a danneggiare anche quelli che all’epoca erano solo dei bambini, è arrivata la pandemia. La maggior parte dei bambini e degli adolescenti, hanno vissuto questi anni di trinceramento delle relazioni sociali, con sensi di rabbia, ansia, oppressione e compressione del naturale bisogno di autonomia dalla famiglia. La pandemia ha sconvolto le vite umane di tutti, ma mentre negli adulti la paura veniva distratta anche dagli impegni e dalle preoccupazioni del lavoro e dei familiari, per i ragazzi è stata una vera e propria condanna ad una sorta di carcere minorile. Allontanati dalla società, dagli amicizie, dalla scuola e da tutto quello che gli permetteva di effettuare una formazione evolutiva e accrescitiva, si sono ritrovati soli e privi di affetti. Con il trascorrere del tempo, quando sembrava quasi che si potesse finalmente respirare un po’ di normalità, ecco arrivare la guerra, una di quelle che i ragazzi studiano sui libri, come racconti di vita passate, che dovrebbero essere di insegnamento per le generazioni future. Questa attuale, invece, si è nell’immediato presentata come una di quelle guerre che dà la certezza che a pagarne le conseguenze siano sempre e solo i bambini. Loro, piccoli eroi dei nostri tempi, che a sentirli parlare capisci quanta saggezza c’è in quelle piccole menti, guardano con occhi sofferenti e si chiedono come sia possibile che una persona anziana,(comodamente al sicuro), possa scegliere come far morire un’intera popolazione perlopiù formata da giovani e bambini. Alcune lettere sui social mostrano la rabbia e la sofferenza che i ragazzi vivono in questo periodo, alcuni si domandano se anche qui arriverà la guerra e se anche a loro toccherà l’atroce destino, come quello accaduto ai bambini del Kiev, morti dissanguati , qualcun altro pensa che senso abbia avuto per loro, di uscire dalla prigione della pandemia per entrare in quella dei bunker o dei rifugi sottostanti alle loro case, per difendersi dagli attacchi giornalieri delle bombe. Bisogna chiedersi cosa stiamo insegnando ai nostri figli, che tipo di mondo stiamo offrendo loro, e soprattutto che uomini e donne stiamo formando per il futuro, se questi ragazzi attualmente alzando la testa al cielo, invece di osservare le stelle, o di immaginare uomini che esplorano i pianeti, al momento possano vedere solo missili e aerei impazziti che squarciano i cieli. Ma soprattutto, ciò che dobbiamo chiederci è quale sarà la personalità di questi ragazzi che, da grandi, non potranno certamente vantare un bagaglio di cultura, bensì una valigia di rabbia, insoddisfazione e violenza.