Il caso di Vincenzo Giudice è stato archiviato dai giudici di Milano, per mancanza di prove sull’accettazione della proposta corruttiva. L’ex presidente del Consiglio Comunale di Milano, uomo forte di Forza Italia e poi del PdL, era finito al centro dell’inchiesta collegata all’indagine sull’ex assessore regionale Domenico Zambetti sulla compravendita di voti con i clan della ‘ndrangheta. Era stato accusato di aver favorito con questo sistema la candidatura di sua figlia, Sara Giudice, divenuta famosa come l’anti-Minetti e poi candidatasi alle comunali del 2011 con il Terzo Polo di Fini.
Noi vogliamo pubblicare la lettera con cui Vincenzo Giudice ad alcuni amici ha confidato cosa sono stati per lui questi 17 mesi in attesa dell’archiviazione del suo caso:
‹‹17 mesi, tanti da quel maledetto 10 ottobre 2012 quando un avviso di garanzia mi immergeva nel fango attraverso la più infamante, per me, delle accuse, aver accettato i voti di esponenti della ndrangheta per mia figlia Sara, candidata al consiglio comunale di Milano. 17 mesi di vita civile sospesa con l’angoscia di chi sapeva in coscienza di non aver commesso nulla ma consapevole che nell’immaginario collettivo l’avviso di garanzia è quasi un marchio d’infamia.
Ho cercato sempre di andare a testa alta, a volte pagando prezzi altissimi per la mia intransigenza su dei valori per me irrinunciabili. Ma quanta fatica! Se non altro è servito per capire chi sono i veri amici e chi ha usato la falsa amicizia per ottenere benefici e poi è sparito. E che dire di chi, credendo amico, non ha perso occasione per pugnalarti, vero Barbara? Per tutti gli altri che hanno usato disprezzo, anche sul lavoro, dandomi del mafioso, oggi non meritano il mio disprezzo.
Ma la sofferenza maggiore di questi 17 mesi e stata per Sara, il solo pensiero di aver, anche se inconsapevolmente, danneggiato la sua immagine di ragazza pulita quale è di dover soffrire per ascoltare ironie sulla sua battaglia per una classe politica migliore è quanto di più ingiusto abbia potuto subire. Dovrei dire giustizia è fatta! Ma ma non me la sento.
La giustizia fa il suo corso e i magistrati per quello che possono il loro dovere, ma ad un cittadino quali segni lascia una giustizia lenta in un sistema, che al di la delle enunciazioni, rimane profondamente giustizialista e non garantista? Quali ferite riuscirà a rimarginare ? Quali indennizzi morali ci si deve aspettare? Sono stato, da quel 12 ottobre 2012, per giorni sulle pagine dei giornali, con pochi articoli che si limitavano alla notizia e a tanti che avevano già emesso sentenza, ho dovuto ascoltare persino un Saviano fare il mio nome in un sermone forcaiolo, quanti di questi oggi scriveranno? “Chi alza la testa e cammina muore una sola volta, chi l’abbassa e striscia muore tutti i giorni” Giovanni Falcone››.
Enzo Giudice
La Critica