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Anish Kapoor. Untrue Unreal.

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Anish Kapoor ha rivoluzionato l’arte contemporanea, in particolare il modo di concepire lo spazio, la forma, il pensare la materia e l’arte scultorea.

Si è da poco conclusa la sua esposizione presso Palazzo Strozzi di Firenze, dove le opere presenti sono state concepite rispettando l’architettura dell’edificio rinascimentale.

Attraverso le installazioni è stato possibile venire in contatto con il decennale lavoro di Kapoor, dai suoi primi lavori a quelli più recenti, compresi alcuni realizzati proprio in base alle necessità del Palazzo, a conferma dell’impressionante versatilità dell’artista.

Spazi, quelli delle sale a lui dedicate, che pongono lo spettatore in una posizione attiva, in cui è chiamato a ripensare e dare senso alle opere. Il lavoro di Kapoor è infatti basato sul ribaltamento degli schemi tradizionali del “fare arte”, un’arte cioè che esce dalla tela, che esce dallo spazio convenzionalmente ritenuto artistico, quello fissato all’interno di una cornice.

Kapoor attinge infatti da quell’arte che ha superato la dicotomia soggetto-oggetto, spettatore-quadro, vita reale-opera d’arte.

La mostra riprende infatti il concetto di Unreal, irrealtà, finzione, illusione, parvenza. L’estetica è trascesa nella sua essenza per far spazio al logos, e quindi al simbolo, al pensiero critico che, osservando e riflettendo, compartecipa dell’opera stessa, mettendo in gioco i propri preconcetti, le proprie nozioni aprioristiche sul Bello. Inoltre, la concezione di Bello è superata, non più necessaria e utile al fine preposto dall’artista.

Non un’arte concepita dunque per piacere agli occhi, ma un’arte per la contemplazione, per lo spazio intimo dell’essere umano, quello cioè della trasformazione.

E così, mentre le opere di Kapoor trasformano lo spazio e la forma, anche l’osservatore è chiamato ad attraversare le sale per lasciare che quest’arte li travolga.

Un’arte dunque che trascende la realtà, facendosi irreale (Unreal), distorcendola e trasformandola in qualcosa di completamente nuovo, dall’indecifrabile al raggiungimento della compiutezza di senso.

Tra i materiali più ricorrenti, Kapoor usa il marmo, gres, granito e altre pietre calcaree. Il supporto inoltre assume le forme più disparate, tendenzialmente giocando con l’amorfismo, fatto da semplici linee curve, per lasciar spazio all’immaginazione e all’interpretazione del singolo. Tale amorfismo si armonizza con l’impiego di tinture e pigmenti generalmente monocromatici, mettendo talvolta in contrapposizione colori vivaci e colori neutri, come il bianco e il nero. Colore ricorrente in Kapoor è il cosiddetto “nero assoluto”, cioè la versione del nero che potremmo definire “più nera del nero stesso” in quanto chimicamente in grado di assorbire qualsiasi forma di colore e la luce. Un altro colore importante nelle sue opere è l’amaranto, spesso impiegato in miscele di polvere o in stato liquido, dando spesso allo spettatore l’impressione del sangue, con cui l’artista riesce a toccare tematiche dalla forte connotazione esistenzialistica.

Le superfici sono spesso lucide, in contrapposizione con l’opacità delle tinture aggiuntive. Tutto ciò permette all’artista di concentrarsi su sculture astratte, dette anche biomorfe, per il rimando di senso che le definisce a livello di interpretazione artistica.

Ciò che è irreale, attraverso l’astratto, diviene ora fasullo, in quanto rimanda concettualmente a oggetti o situazioni non realistiche, negando o falsando la realtà. Questo gioco di forme e colori permette all’artista di spaziare e sperimentare oltre i confini della forma e della materia, trascendendole e risignificandole, attraverso la dicotomia tra pieno e vuoto.

Questo accade perché l’artista è focalizzato più sul processo che sul prodotto in sè, facendo emergere nella sua essenza la sperimentazione a prescindere dal medium ora impiegato nella sua realizzazione. 

Ciò che è formale si dissolve, aprendo le porte all’impossibilità. La stessa superficie diventa sfuggente, manipolabile, offrendo uno sguardo all’apparenza così da poter esplorare ciò che è non vero, in altre parole Untrue e Unreal.

Giulia Di Loreto
Filosofo