di Mario Alberto Marchi
Si avvicina il giorno del cambio di amministrazione USA e a questo punto sarebbe il caso di smetterla di parlare di politica e trattare invece di economia.
A maggior ragione con il difficile compito di uscire dalla crisi Covid, i prossimi quattro anni di gestione americana saranno determinanti per tutto l’occidente.Far parlare i numeri è la scelta migliore per capire dive si possa e si debba andare a parare.
Cominciamo col dire che tutti dovremo pensare molto più all’economia e un po’ meno alla finanza, se vogliamo parlare di crescita.
Prendendo proprio dalla situazione Usa, ad esempio, è bene osservare che per molti commentatori il “galoppo” di Wall Street sarebbe stato sinonimo di espansione.
Sbagliato. Wall Strett è cresciuta perchè la riduzione delle tasse a favore delle imprese ha suggerito di investire i capitali resisi così disponibili in titoli. Un lodevole desiderio di metterli al sicuro e di farli fruttare per quanto possibile, ma con il difetto di non metterli in circolo.
Un esempio di come si fa finanza, senza fare economia.
C’è poi il problema del debito. Abbassare le tasse costa molto allo Stato. Il risultato è che il debito americano, nel solo 2019 si è aggravato di oltre un trilione di dollari.
Ragionare in debito può portare frutti sul lungo temine, ma come sappiamo nel 2020 è arrivata la tegola del coronavirus.
“La pandemia di coronavirus ha provocato una massiccia esplosione di aiuti e stimoli fiscali che hanno portato il deficit del bilancio federale degli Stati Uniti dal 5% del PIL nel 2019 e al 15% nel 2020; il debito è esploso al 100% del PIL degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale negli anni ’40. Ma è sceso a meno del 30% negli anni ’70, in gran parte a causa di un’economia postbellica in rapida espansione. Prevediamo che il debito supererà nuovamente il 100% del PIL il prossimo anno e aumenterà rapidamente con l’aumento della spesa e con l’aumento dei tassi di interesse”
Così osserva Robert Doll, senior portfolio manager e chief equity strategist di Nuveen, società di investimenti che gestisce qualcosa come 970 miliardi di dollari. Insomma, non proprio un dilettante in materia.
Le sue osservazioni, pubblicate all’inizio di dicembre e poi ribadite a ridosso del nuovo anno in una serie di articoli, finalmente si fondano sui numeri a non sulla politica e si comprende bene quando auspica un anno in cui “la performance del mercato azionario non sia più guidata dalle valutazioni sui prezzi, ma piuttosto dagli utili”. Insomma, con un’impostazione meno speculativa.
Per questo – però – le imprese dovrebbero tornare a investire, il manifatturiero a non soffrire più i dazi sull’import e l’economia a puntare su materia di sviluppo, come l’energia e l’ambiente. E qui – purtroppo – Doll prevede che il 2019 sarà ancora emergenziale, con produzione e investimenti in gran parte ancora puntati alla tutela della salute.