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sabato, 16 Novembre, 2024

ALESSANDRO SANSONI: “Prima di pensare a Draghi, riflettiamo sul fatto che l’Italia fosse governata da Conte e Casalino”

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di Gabriele Rizza

La caduta di Conte, l’incognita Draghi, un nuovo governo in bilico tra il tecnico e il politico e le mosse del centrodestra. Ne abbiamo parlato con il giornalista Alessandro Sansoni, direttore del mensile Cultura Identità.

Giuseppe Conte non ha mai nascosto ai media la tessitura di rapporti personali con Trump e altri leader europei. Nell’epilogo del suo governo, secondo lei perché questi rapporti non sono serviti a tenerlo in sella?

«I rapporti a livello internazionali fondati esclusivamente sulla relazione inter-personale e personale possono essere coltivati e resi stabili soltanto se ad adottare questa strategia è un soggetto come Silvio Berlusconi che, oltre ad aver avuto un ruolo come capo del governo italiano, era uno dei più grandi imprenditori italiani, per di più nelle comunicazioni. E anche lo stesso Berlusconi ha avuto ha avuto le sue grandi difficoltà, con la Merkel e Sarkozy, per esempio. Giuseppe Conte non aveva la caratura di Berlusconi ed era quindi molto velleitario immaginare di creare rapporti internazionali strutturati fondati sulla simpatia personale. Conte sicuramente ha tentato di mettere in piedi ulteriori capacità di legame con i leader delle altre nazioni europee, ma alla fin fine era il suo ruolo che lo rendeva interlocutore con gli altri capi di governo. In più, Conte ha avuto la benedizione internazionale a creare il Conte II da Donald Trump, e la sconfitta del Tycoon ha alterato una serie di equilibri nel rapporto transatlantico che per l’Italia è fondamentale. È stato un via libera a favore di Renzi per lanciare la sua offensiva contro Conte. La morale è che le relazioni internazionali non possono essere coltivate soltanto attraverso legami di natura personale, ed è proprio per questo che gli Stati moderni si sono dotati di diplomazie e intelligence, tutto un insieme di apparati che concorrono a creare una stabilità nei rapporti. La stabilità si crea tra Stati ed apparati, non tra singole persone».

In generale c’è stata anche una leggerezza del Conte II nel modo di guardare alle relazioni internazionali?

«C’è stata anche una forma di concorrenza tra il Premier e il Ministro degli esteri (Di Maio) che denota tutto il dilettantismo durante il Conte II: lo abbiamo visto in Libia o a inizio pandemia con Di Maio che interloquiva con la Cina e Conte con la Russia, tutto questo dimostra un modo velleitario di trattare le relazioni internazionali che ha anche determinato brutte figure per l’Italia, come gli incontri segreti con Haftar che hanno compromesso le relazioni con il nostro alleato strategico al-Sarraj, e le trattative per liberare Silvia Romano in Somalia e i pescatori in Libia».

Mario Draghi potrebbe essere un Premier che ha vissuto più all’estero che in Italia, politicamente che significato ha?

«Per molti Mario Draghi è un personaggio di un altro pianeta rispetto a questa classe politica che non ha una dimensione internazionale e spesso non ha la dimensione culturale che, piaccia o non piaccia, rappresenta Draghi.  Lui è più che una risorsa per questo paese, Draghi è l’Europa, bisogna capire come interpreterà il suo ruolo, se lo farà nell’interesse italiano o se invece non sarà il commissario mandato all’Italia dall’Europa e dall’anglosfera, ma questo dipende anche dalla capacità della classe politica nazionale di tenerlo ancorato all’interesse italiano. Draghi dovrà trovare però una maggioranza ampia, ancora la partita non è chiusa».

Andare a votare nel 2021 sembra un’ipotesi remota, come dovrebbe adesso agire il centrodestra per il bene del Paese e anche per tenersi stretto il buon andamento dei sondaggi?

«Se non fosse possibile realizzare l’obiettivo delle elezioni, il centrodestra tutto unito e non diviso dovrebbe sostenere il governo Draghi con l’ambizione di spostare a destra l’asse di questo governo. Se ci riuscisse, darebbe, insieme alle altre forze politiche che intendono partecipare, un taglio più politico al governo e potrebbe svolgere una funzione di mediazione tra l’immagine di Draghi come rappresentante dell’élite internazionali e gli interessi del popolo, perché i partiti e le forze parlamentari servono a dare rappresentanza agli interessi dei propri elettori. Potrebbe essere il modo per preparare la vittoria alle elezioni che si potrebbero tenere subito dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, magari sarà lo stesso Draghi».

In Italia spesso i governi tecnici diventano un modo per fare quello che le forze politiche non vogliono fare e creano nuove spaccature tra Istituzioni e realtà sociale, c’è il pericolo che questo accada di nuovo?

«Questo avviene se non c’è una base politica, se si lascia fare tutto ai tecnici loro faranno quello che ritengono più opportuno in astratto. La politica serve invece a dare concretezza e possibilmente a declinare la teoria nella realtà sociale di un Paese. La politica è chiamata a impedire la nascita di un governo tecnico e a sollecitare, pur avendo come Premier il migliore dei tecnici possibili, un’interlocuzione di natura squisitamente politica. Qualsiasi analisi deve partire da una constatazione: fino all’altro giorno l’Italia era governata da Conte e Casalino. Partiamo da questo e poi ragioniamo sul resto».

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