di Martina Grandori
Si prospetta un 2022 bollente in tutti i sensi per la questione non solo pandemica, ma per il disastro ambientale in corso – questo Capodanno dalle temperature primaverili verrà ricordato – a cui la deforestazione concorre non poco. Anche se a fine di quest’anno al vertice G20 di Roma i capi di Stato promettevano un accordo per una piantumazione di mille miliardi di alberi, se alla Cop26 di Glasgow l’impegno a fermare la deforestazione entro il 2030 è stato sottoscritto con un accordo da 105 Paesi, la situazione è grave, il 30% delle 58.497 specie arboree presenti sulla Terra rischia di scomparire. È la lista rossa delle specie minacciate stilata dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Nel 2021 la Botanic Gardens Conservation International (BGCI) – un organo dello Iucn, l’agenzia Onu per la conservazione della natura – grazie a diversi studi anche con altri enti, ha pubblicato State of the World’s Trees, il primo rapporto sullo stato degli alberi nel mondo che ha rilevato che almeno il 30% delle specie di alberi del Globo è appunto minacciato. Ad essere colpite piante in tutti gli ambienti, da quelli temperati a quelli tropicali, circa l’11% degli arbusti di ogni Paese ha problemi. Il rapporto è il risultato di cinque anni di ricerca tra più di 60 istituzioni per identificare le principali lacune negli sforzi di conservazione degli alberi, l’obiettivo è redigere una letteratura scientifica su ogni specie in collaborazione con più esperti; utilizzare i dati raccolti per valutare il livello di minaccia delle specie in base alla categoria e ai criteri stabiliti da IUCN; consultare un esperto per ciascuna specie sotto minaccia e vagliare soluzioni ad hoc sempre con l’approvazione dell’IUCN. I risultati di questo innovativo censimento diventano poi la base per nuovi studi e nuove valutazioni. Tre le cause, tristemente sempre ovvie, di questo disastro: il disboscamento pro agricoltura, la richiesta di legnami pregiati che quasi sempre crescono in ambienti dall’elevata biodiversità, e in terzo luogo la crisi climatica, piaga a livello mondiale.
Venendo all’Italia, ancora una volta il nostro Paese può vantare delle eccellenze: ha la flora arborea più ricca d’Europa con 8195 entità autoctone (seconda solo alla Turchia), è il paradiso europeo della biodiversità botanica, le regioni con più varietà sono il Piemonte, la Toscana, la Lombardia e l’Abruzzo. Purtroppo le nuove malattie – vedi la Xylella che ha provocato la morte di milioni di ulivi -, nuove specie aliene e il disequilibrio idrico dei fiumi a causa dell’agricoltura incontrollata, sono causa di preoccupazioni per la salute dei boschi e in generale delle zone inalberate. Un esempio? L’ailanto e il ciliegio tardivo sono due specie infestanti che stanno disequilibrando i boschi dello Stivale. A fare questa fotografia, l’Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi forestali di carbonio dell’Arma dei Carabinieri ed il Crea, tra i più importanti strumenti conoscitivi per le decisioni di politica forestale e ambientale sia a livello nazionale che internazionale. Una sorta di censimento delle risorse forestali del Paese e delle sue variazioni nel tempo. Negli ultimi 10 anni c’è stato un incremento del 18,4% della superficie boschiva dello Stivale, ma la nota dolente è che questo incremento corrisponde anche ad una maggioranza di queste superfici in stato di abbandono. Sebbene si stia parlando di qualcosa di selvatico per antonomasia, il bosco, esso va comunque curato con una gestione attiva, solo così si ha un maggior stoccaggio di CO2, ad oggi solo il 15% dei boschi italiani è gestito in maniera performante. A tal proposito, per comprendere meglio il valore e l’attualità del patrimonio boschivo, è interessante la lettura di La resilienza del bosco (Mondadori), pubblicazione del 2019 di Giorgio Vacchiano, ricercatore all’Università Statale, in cui spiega molto bene come le foreste siano habitat solo apparentemente statici, invece sono ecosistemi capaci di adattarsi, dalla spiccata resilienza che si è evoluta in milioni di anni, adattandosi a nuovi contesti climatici, esempio di vecchiaia a cui guardare.
“Che ne siamo consapevoli o meno, noi siamo una loro causa e un loro effetto”. Le storie che Giorgio Vacchiano racconta parlano di piante, boschi, foreste, ma soprattutto di noi, di come sapremo immaginare il nostro futuro in relazione all’ambiente che ci circonda.