di Martina Grandori
L’intuizione ovviamente arriva dall’estero, precisamente dal portale della tv americana CNN che ha decretato come gli italiani, in maniera “accidentale”, in tempi assolutamente non sospetti, abbiano inventato la formula perfetta di turismo distanziato. Sono gli alberghi diffusi, formula nata così come la conosciamo oggi negli anni Novanta, che promuove il recupero di antichi borghi disabitati e un’idea di turismo evoluto e sostenibile.
Il primo concetto di albergo diffuso nacque in Friuli a Carnia (Udine), in seguito al terremoto del 1976, la necessità era di tenere vivo il turismo e quindi si pensò di sfruttare case e borghi disabitati.
Dopodiché fu un progressivo fenomeno, questa idea di vacanza diversa, di abitare in case autoctone, beneficiando di tutte le comodità di un albergo piacque molto, tanto da diventare oggetto di scommesse imprenditoriali, a Sas Benas di Santulussurgiu (Oristano) è stato aperto il primo, oggi sono c150/200 le strutture diffuse. L’ideatore nel 1976 è stato Giancarlo Dall’Ara con il progetto pilota Comeglians e padre di questo modello di ospitalità, e fondatore dell’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi.
Ma in cosa consiste un albergo diffuso? Sono strutture che offrono praticamente tutti i servizi di un normale hotel: accoglienza, assistenza, ristorazione, spazi e servizi comuni sono nel cuore dell’albergo diffuso (solitamente una casa più grande nella piazza principale), mentre case e camere sono sparpagliate per le vie del paese, a non oltre 200 metri dalla reception. “Il concetto – spiega Dall’Ara – è un albergo che non si costruisce, ma mette in rete case vicine esistenti collegandole tra loro con servizi di hôtellerie, quindi pulizie, colazione, ristoranti, spazi comuni come biblioteche e salotti. In parole semplici è un po’ casa, un po’ albergo”.Ed è proprio per questo concetto di lontananza, di distanziamento che CNN elogia ed incorona in tempi di Covid questa formula di turismo illuminato. CNN in particolare cita l’esempio di Sextantio, hotel di Santo Stefano di Sessanio, in Abruzzo, realizzato dall’imprenditore italo-svedese Daniele Kihlgren più di venti anni fa. Nel borgo medievale abitano 115 persone e i turisti possono fare escursioni in montagna, avvicinarsi alle tradizioni del luogo e mangiare del buon cibo locale.
Evviva il genio italico che ha inventato questo modello, l’auspicio è che questo modello di vacanza rilanci il turismo dello Stivale, fondamentale per la ripartenza del Paese.