di Stefano Sannino
Storica vittoria per Unic, che il 28 Maggio 2020 si è vista assegnata la ragione dal Consiglio dei Ministri circa l’utilizzo improprio dei termini pelle e cuoio, i quali negli ultimi anni avevano subito diverse storpiature in seguito all’avanzata delle ecopelli e dei movimenti vegani contro l’uso di questi materiali nell’industria dell’abbigliamento.
Quello che non molti sanno, in realtà, è che l’utilizzo delle pelli e del cuoio nell’industria tessile è quanto di più “animalista” si possa fare, dal momento che le pelli utilizzate nell’abbigliamento sono materiali di riciclo, strappati dai macelli alimentari e quindi dallo smaltimento in discarica o inceneritore.
Questa vittoria arriva quasi inaspettata, dopo una battaglia che Unic combatte da anni, contro una legge del 1966. Il nuovo decreto, che deve ancora essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, non si limita però solamente a definire cosa può essere definito “pelle” o “cuoio”, eliminando de facto tutti quei termini come “ecopelle” o “vegan-leather”, bensì indica chiaramente quali siano tutti i prerequisiti che i prodotti realizzati con questi materiali debbano soddisfare per poter essere immessi sul mercato: dalle etichette ai cartellini, dal materiale alla lavorazione.
Sull’intero processo vigileranno Camera di Commercio, Agenzia delle dogane, Guardia di Finanza e Polizia Giudiziaria, mentre tutte le disposizioni saranno coordinate dal Ministero per lo Sviluppo Economico.
Un grande cambiamento, dunque, per il mondo della pelletteria e dell’abbigliamento in pelle/cuoio che – speriamo – porti anche ad una rinnovata sensibilità sull’argomento, troppo spesso dimenticato o accantonato per fare spazio ai buonismi animalisti che, tuttavia, ignorano gran parte del ciclo di produzione.