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mercoledì, 18 Dicembre, 2024

A Napoli si fa sostenibilità e resilienza con le tradizioni

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di Francesco della Corte

Chissà perché quando si parla di sostenibilità o di resilienza, due concetti diversi ma molto affini tra loro, si è portati ad impatto ad immaginare complicati concetti scientifici o prettamente accademici, invece non è proprio così, ed a Napoli per esempio, come in tutta la Campania, si potrebbe affermare che essi si concretizzano proprio attraverso la pratica di tradizioni, usi e costumi, che in alcuni casi, hanno ataviche radici storiche, finanche sconosciute, che spesso sono il frutto di una naturale commistione tra riti religiosi e pagani che a loro volta, si mescolano alle abitudini locali, generate dalle varie culture che si sono susseguite sul territorio campano, nel corso della storia.
I riti legati all’inizio di un nuovo anno, si ripetono un po’ ovunque, ma a Napoli, essi però, assumono un significato particolarmente pregnante e sentito da tutti, in quanto alla base di molti di questi, non vi è solo la creatività e l’orgoglio identitario di un popolo che si è sempre contraddistinto per queste caratteristiche ma vi è soprattutto un elemento speciale, autoctono, ossia la scaramanzia, che come affermava anche la scrittrice Matilde Serao, essa è nata proprio a Napoli, la patria della scaramanzia, come risaputo in tutto il mondo.
Volendo però citare le tradizioni o gli usi più comuni e forse anche i più originali, bisognerebbe partire da alcuni riti propiziatori di fine anno, come quelli che avvengono già sulle tavole, infatti alle già conosciute e ben auguranti lenticchie a Napoli ed in Campania, vi si aggiunge la famosa insalata di rinforzo, ossia un’insalata composta da cavolo lesso, alici, salate, olive e “papaccelle napoletane” ossia peperoni, spesso piccanti, conservati nell’aceto, piatto da tutti ritenuto foriero di fortuna e ricchezza al pari dei predetti legumi. Ovviamente a questi vanno aggiunti i dolci tipici del periodo natalizio come gli struffoli, piccoli chicchi di pasta fritta aggregati dal miele e dai roccocò, ciambelle biscottate, arricchite di mandorle, nocciole, miele e spezie varie come la cannella e la noce moscata, che seppur non dovessero piacere sono sempre presenti, per tradizione, sulle tavole partenopee.
Mentre per scacciare via il vecchio anno, soprattutto se esso è stato costellato da eventi nefasti, come si potrebbe affermare senza eufemismi questo 2020, le famiglie si adoperano a lanciare per terra piatti e bicchieri concludendo poi con i fuochi pirotecnici, in quanto il rumore provocato sia dalla rottura dei suppellettili che dai fuochi, secondo la credenza popolare, spaventerebbe le energie negative, allontanandole in tal modo definitivamente, questi riti, così come contemplato da molti scritti, avvenivano già nel 600.
Poi vediamo quali sono gli usi relativi a come trascorrere il primo giorno dell’anno, infatti bisogna avere in tasca molti soldi ed indossare “abiti buoni” e se fosse possibile nuovi, perche ciò significa che per tutto l’anno si avrà la fortuna di guadagnare molto oltre che di vestire bene, ma di certo però non dovrà mancare un ninnolo, indossato che sia od in tasca, il cosiddetto “curniciell”, ossia il corno portafortuna napoletano, di solito di colore rosso e di forma irregolare, amuleto che affonda le sue radici sin dall’antica Roma, infatti esso rappresenta il fallo di Priapo, Dio della prosperità, e che già i Greci, ritenevano che allontanasse la cattiva sorte. Il grande Totò riferendosi al “curniciell” ed alla sua scaramanzia in genere, diceva: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo però, porta male”.
Si conclude così una sommaria panoramica degli usi e delle tradizioni, più frequenti ed originali, in quanto ci si potrebbero scrivere dei trattati sulla gran mole entrata a far parte delle abitudini consolidate tra i campani, ma è fondamentale che essi siano preservati, infatti esso non devono rappresentare solo degli atti di folklore popolare ma deve essere un precipuo dovere, dell’intera comunità, tutelarli e valorizzarli, perchè tutelare la cultura locale, la propria identità, significa educare le generazioni future alla ricchezza derivata dal confronto e dalle peculiarità autoctone, perché se un’intera generazione non comprende sin da ora la necessità di proteggerle, queste perderanno la propria essenza ed il loro “valore” sostenibile.
L’unica tradizione però, a cui spero tutti gli italiani rinuncino, scaramantici e non, è quella dello sparo dei fuochi pirotecnici, soprattutto quelli illegali, in quanto dannosi sia alla salute, nostra e degli animali domestici, che alla sana economia, e far lo stesso tanto rumore, con lo stappo delle bottiglie di tutti gli eccellenti prodotti vinicoli italiani, a prescindere dalla latitudine in cui vengono prodotti.

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